Fin dai tempi in cui per la prima volta si è definito movimento radicale autonomo, l’anarchismo è stato associato alla sinistra. Un’associazione il più delle volte problematica. I militanti di sinistra con un incarico di potere (compresi quelli anarchici, come i capi della C.N.T. e della F.A.I. nella Spagna del 1936-37) hanno sempre considerato d’ostacolo ai propri programmi politici il fine anarchico della trasformazione totale della vita — e il conseguente principio secondo cui i fini dovrebbero essere già insiti nei mezzi di lotta impiegati. L’insorgenza reale è sempre scoppiata altrove rispetto a qualsivoglia programma politico e gli anarchici più coerenti hanno intravisto la possibilità di realizzare i loro sogni proprio in un luogo sconosciuto ed altro. Tuttavia, a più riprese, quando i fuochi dell’insurrezione si raffreddavano (e talvolta perfino mentre bruciavano ancora ardentemente, come nel 1936-37), i leader anarchici hanno finito coll’assumere il ruolo di «coscienza della sinistra».
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