Nel maggio del 1898 re Umberto I, preoccupato per le notizie che giungevano da Milano, dove era appena scoppiato uno sciopero generale, affidò al generale Bava Beccaris il compito di reprimere la sommossa. Ai soldati venne dato ordine di sparare a vista, e Bava Beccaris fece aprire il fuoco sulla città con i mortai. Il bilancio fu di 80 morti e 450 feriti. Fiero dell’impresa compiuta, il generale telegrafò al re che Milano era ormai “pacificata”. Il capo del governo, il marchese Di Rudini, fece sopprimere oltre cento giornali di opposizione, le Camere del Lavoro, i circoli socialisti, le Società di Mutuo Soccorso, nonché 70 comitati diocesiani e 2500 comitati parrocchiali. Furono inoltre chiuse le Università di Roma, Napoli, Padova e Bologna e vennero eseguiti migliaia di arresti. Più tardi, i tribunali distribuiranno 1400 anni di carcere. A Bava Beccaris, Umberto I inviò subito un telegramma di felicitazioni e la croce dell’Ordine Militare di Savoia «per i preziosi servigi resi alle istituzioni e alla civiltà». Due anni dopo, il 29 luglio 1900, l’anarchico pratese Gaetano Bresci sollevava re Umberto I dal peso delle proprie responsabilità, uccidendolo a Monza.
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