Ho sentito la necessità di scrivere questa breve riflessione riguardo ad un paio di sbocchevoli comunicati che ho letto finora, da chi cerca di “difendere” le persone coinvolte nelle varie operazioni (in questo caso, la recente operazione “Ardire”) a chi manda solidarietà (spesso, mettendo le mani avanti e dissociandosi subito da eventuali atti o attacchi, per rendere noto a tutti il fatto che “loro non c’entrano niente”).
Innanzitutto, voglio mettere in chiaro che rifiuto qualsiasi solidarietà da coloro che si parano il culo con dissociazioni varie e discorsi sull’”inutilità dell’agire individuale” e sull’attesa delle loro beneamate “masse”. Non so che farmene dei vostri discorsi “di classe”, del vostro tirarvi indietro perché ora “è troppo presto”… con che coraggio solidarizzate dopo esservi dissociati? I vostri comunicati sono impregnati di vittimismo e di apatia, cercate di annullare l’individuo ed il suo potenziale. Nascondetevi pure dietro il vostro dire “ma chi? noi? no, no, per carità, noi stiamo solo aspettando il popolo!”, mettete le mani avanti, così siete sicuri che la repressione non vi colpirà mai… e vi dirò di più: così potete stare anche certi del fatto che non sarete mai una minaccia. Ed in questo caso parlo specialmente della FdCA e della FAItaliana.
Dei vostri salmi faccio volentieri a meno.
L’altro punto che mi premeva affrontare, è il recente testo a difesa di chi diffonde testi ed impressioni di compagni di tutto il mondo; un’attività che in questo testo viene definita con una parola nel vostro testo: “soltanto”.
Ora, al di là del fatto che tradurre e diffondere non è certo uno sforzo fisico insostenibile, ciò che voglio dire è: tutto questo non è “soltanto”. Tutto questo comporta lo “sbocciare del reale e multiforme dialogo dell’anarchia insurrezionale internazionale”.
Questo vuol dire affondare ulteriormente il coltello nel cuore del nemico, senza aver paura delle ripercussioni che ciò comporta, con la furia e la gioia iconoclasta che portiamo sempre con noi, nel nostro sorriso e nei nostri sguardi.
Con gli approfondimenti che si propongono si costruisce un cosmo immenso di possibilità, di non-vie, percorribili come meglio si crede.
Non chiediamo pietà a nessuno, non vedo perché dovreste farlo voi al posto nostro.
Potete pure fare a meno di solidarizzare con me, è me
Italy: Brief note from Tomo on a couple of questions
from parolearmate, transl waronsociety:
I have felt the necessity to write this brief reflection regarding two communiques that I have read thus far by those seeking to “defend” the persons involved in various operations (in this case, the recent Operation “Ardire”) and send solidarity (often putting their hands up and immediately disassociating from any acts or attacks, letting everyone know that “they have nothing to do with it”).
To begin, I want to make it clear that I refuse any solidarity from those who cover their asses with various disassociations and discourses on the “uselessness of individual agitation” and on waiting for their beloved “masses.” I do not know what to make of your “class” discourse, of your stepping back because now “is too soon”… what courage is it to express solidarity after having disassociated yourselves? Your communiques are full of victimism and apathy, trying to nullify the individual and its potential. Hiding behind yourself you say “But who? Us? No, no, for heaven’s sake, we are just waiting for the people!” you put your hands up so as to be sure that the repression will never hit… and I will tell you more: also so as to be sure that you will never be a threat. In this case I speak especially of the FdCA and the Italian Anarchist Federation.
I can do without your psalms.
The other point that I want to deal with is the recent text in defense of those who spread the texts and impressions of comrades from around the world; an activity that is defined with a word in your text, namely: “only.”
Now, beyond the fact that to translate and disseminate is hardly an untenable physical exertion, what I’m saying is that this is not “only.” This all involves the “blossoming of the real and multiform dialogue of international insurrectional anarchy.”
This means to sink the knife further into the heart of the enemy, without fear of the consequences that this entails, with the fury and iconoclastic joy that we always carry with us, in our smiles and in our eyes.
With these insights is proposed to construct an immense cosmos of possibilities, of non-ways, that may be followed as one sees fit.
I do not ask anyone for mercy, nor do I see why you should do it for us.
You might even do without being in solidarity with me, it is better that way.
Tomo