G8 Genova: per la legge italiana quella della Diaz non fu tortura

Il processo sul massacro della Diaz approda in Cassazione e ripropone le carenze legislative italiane in materia di diritti umani. Se l’ordinamento italiano prevedesse il reato di tortura, la posizione dei poliziotti imputati sarebbe molto più pesante.
Il processo sull’irruzione alla scuola Diaz durante il G8 di Genova arriva alle battute finali, in Cassazione, e comincia con un segnale chiaro: vietate le riprese audiovisive e le foto, secondo un dispositivo di legge che di solito si applica quando i contenuti di un processo non sono di “interesse sociale”.

Sono cinque le udienze previste, prima che si possa mettere un sigillo sulla vigliacca aggressione poliziesca ai danni degli occupanti della scuola Diaz. La spedizione punitiva, vera e propria rappresaglia del Reparto Mobile dopo la guerriglia di piazza, fu condotta da circa 200 celerini, coordinati da almeno 20 tra funzionari e alti graduati. Il blitz causò 93 feriti, di cui alcuni assai gravi, come nel caso del giornalista inglese Mark Covell che denunciò ignoti per tentato omicidio. Molti protagonisti di quel cruento atto repressivo non sono mai stati identificati.
Il processo per i fatti della Diaz ha finora visto, tra primo grado e appello, un clamoroso ribaltamento.
Nella sentenza di primo grado, risalente al 12 novembre 2008, il tribunale di Genova assolse i vertici della polizia Giovanni Luperi, Francesco Gratteri e Gilberto Calderozzi, condannando invece 13 esecutori materiali dei pestaggi tra le mura della scuola. Tutte le condanne sono a carico di membri del famigerato 7° Mobile di Roma: quattro anni al suo capo dell’epoca Vincenzo Canterini, per calunnia, falso ideologico e lesioni. Tre anni a Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti e Pietro Stranieri, per concorso in lesioni aggravate.
Il vice di Canterini, Michelangelo Fournier è invece stato condannato a due anni di reclusione.
Per la montatura delle molotov all’interno della scuola Pietro Troiani fu condannato a tre anni, Michele Burgio a due anni e 6 mesi, incriminati per calunnia, falso ideologico e violazione della legge sulle armi.
La Corte d’Appello di Genova, nell’agosto 2010, ribaltò le sentenze di primo grado. Gianni De Gennaro si beccò una condanna a un anno e quattro mesi per aver indotto Francesco Colucci, allora questore di Genova alla falsa testimonianza. I super-poliziotti che erano stati assolti in primo grado, sono stati condannati a pene comprese tra 3 anni e 8 mesi e 4 anni, con l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni: Francesco Gratteri, quattro anni; Vincenzo Canterini a cinque anni; Giovanni Luperi, quattro anni; Spartaco Mortola, tre anni e otto mesi; Gilberto Caldarozzi, tre anni e otto mesi. I due delle molotov, Pietro Troiani e Michele Burgio, vedono aumentate le proprie condanne a tre anni e nove mesi.
Questo il quadro complessivo che la Corte di Cassazione dovrà valutare.
Nella prima udienza emergono subito delle questioni di fondamentale importanza. La procura generale di Genova aveva chiesto, infatti, per tutti i condannati per lesioni la modifica del reato in tortura, appellandosi alla “Convenzione europea contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti”. Tale richiesta è stata confutata dal PG Gaeta, che ha anteposto la superiorità delle leggi italiane rispetto alle direttive europee; in sintonia quindi con la solita tendenza del governo italiano a non recepire le linee guida comunitarie in materia di diritti umani. La convenzione contro la tortura esiste a livello europeo, ma oltre a non essere trasformata in legge nell’ordinamento italiano, può essere evidentemente applicata o meno a discrezione di giudici e magistrati.
La seconda questione riguarda il ricorso presentato dai difensori degli imputati di riaprire il processo e di riascoltare tutti i testimoni, viste le evidenti differenze tra le condanne di primo e secondo grado. Gaeta valuta come inammissibile anche questa richiesta.
La sentenza è prevista per venerdì 15 giugno, e verrà emessa dal presidente della quinta sezione, giudice Giuliana Ferrua.
Contestualmente al processo di Cassazione per i fatti della Diaz, è nato un movimento di solidarietà intorno ai 10 manifestanti del G8 accusati di devastazione e saccheggio. Anche per loro è previsto a luglio l’ultimo grado di giudizio in Cassazione. Le condanne a loro carico si preannunciano molto pesanti: si va dagli 8 ai 14 anni, per reati risalenti al Codice Rocco e a vecchie normative del ventennio fascista, rispolverate per l’occasione.
Per maggiori dettagli e per sottoscrivere l’appello di solidarietà, il sito è www.10×100.it
Adriano Chiarelli  da Contropiano

 

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