My Own è una pubblicazione di idee, letteratura e analisi anarchiche provenienti da una esplicita prospettiva egoista e individualista. Intendo portare avanti una prospettiva anticapitalista, egoista non di mercato mirata all’incoraggiamento e allo sviluppo di insurrezioni individuali contro tutte le forme di autorità, dominio e rafforzamento della conformità.
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Se un articolo è anonimo, potete desumere che l’abbia scritto io.
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Tratto da My Own – Self-Ownership and self-creation against all authority (N. 1 Gennaio 2012)
Cos’è un Individuo?
( Il seguente articolo è il primo di una serie di articoli sperimentali nei quali andrò a sviluppare le mie percezioni ed esperienze di auto-creazione autonoma e auto-padronanza di sé. A causa della natura dell’argomento, scriverò questi testi principalmente alla prima persona singolare e combinerò ciò con il rivolgermi direttamente al lettore. Sebbene ciò potrà sembrare un po’ maldestro o destabilizzante, ritengo che ciò sia più adatto per l’argomento. )
Cosa sono in quanto individuo? La personalizzazione unica di uno specifico processo di sviluppo, emozioni in trasformazione, azioni, pensieri, interazioni, relazioni… Da dove provengono questi mobili fili intrecciati? Nel mondo attuale, prima che io inizi ad essere consapevole di ciò e cominci a prendere questi fili nelle mie mani, essi provengono soprattutto dalle cose e creano l’aspetto dello specifico contesto sociale nel quale sono nato, dove sono cresciuto e stato educato, e dove continuo a realizzare i miei ruoli e le mie funzioni.
Le attività attraverso le quali io ed altre persone sopravviviamo – lavorare, comprare, vendere – sono prodotti di questo contesto. Esse possono far si che io consumi la maggior parte del tempo in attività e interazioni che non mi appartengono. Consideriamo la quantità di tempo sprecato ad aspettare in coda, la quantità di tempo passato a fare azioni noiose attraverso le quali io guadagno e spendo denaro, e gli infiniti e banali scambi verbali con sconosciuti dei quali non potrebbe importarmi di meno.
Queste attività e interazioni coinvolgono inevitabilmente le mie emozioni, annacquandole in gran parte con una patetica mediocrità. Ma allora vado a considerare come la maggioranza della gente usa il suo cosiddetto tempo libero (tempo non riservato agli obblighi sociali e alla sopravvivenza, che in questa società sono la stessa cosa). Essi riempiono queste ore “libere” con l’essere intrattenuti (andando al cinema, guardando la tv, ascoltando la musica – soprattutto quella pop). Ogni forma di intrattenimento si relaziona con le emozioni. Ma oltre a ciò, i film, i programmi tv, la musica pop e le altre forme di intrattenimento hanno anche la funzione di definire parametri accettabili di emozioni, fornendo esempi su come provarle in situazioni specifiche, e su come esprimerle. Quindi se io rimango passivo davanti all’influenza dell’intrattenimento, anche le mie emozioni non saranno di mia creazione, ma un intreccio di dati che ho raccolto dai film, dalla televisione, dalle canzoni pop e cosi via. Ecco perché è cosi facile per le cosiddette passioni, relazioni, aspirazioni e sforzi individuali cadere negli schemi predefiniti che vengono ripetuti continuamente, non solo da particolari individui, da me e te, ma da tutto il deserto sociale nel quale io e te viviamo.
Per rompere ciò, ho bisogno di imparare a creare volutamente le mie passioni e i miei desideri come miei, a sviluppare una spontaneità intenzionale, riconoscendo che senza scelta consapevole, non c’è spontaneità, solo reazione e abitudine.
Potrebbe semprare paradossale parlare di creare volutamente le passioni e i desideri. In che modo potrei creare volontariamente i miei impulsi? Bene, ho sentito diversi cosiddetti radicali (soprattutto comunisti) dire che le passioni e i desideri degli individui sono creati dal contesto sociale. Ma un’astrazione non può creare nulla. La realtà concreta dietrò a ciò è che gli specifici individui che hanno interesse nel definire i propri desideri e le proprie passioni usano sicuramente delle tecniche per definire e incanalare i nostri sentimenti e impulsi. Questa non è una teoria del complotto; è semplicemente una descrizione di pubblicità, pubbliche relazioni, propaganda politica e, come ho già detto prima, intrattenimento passivo. Per fare un esempio, ipotizziamo che mi venga improvvisamente voglia di “Ben and Jerry’s Funky Monkey”1. Ovviamente non c’è nulla di innato in questo desiderio,visto che questa compagnia di sfruttamento di hippie golosi è stata in attività solo per tre decenni. Il mio desiderio di questo prodotto potrebbe essere stato creato artificialmente grazie alla combinazione di pubblicità, marchi, identità e tecniche connesse. Ad un livello meno platealmente commerciale, e se avessi il feticcio per il lattice, la pelle o i tacchi alti? Ancora una volta, ciò sarebbe una passione artificiale, qualcosa che è stata creata attraverso una serie di processi sociali – vale a dire attraverso specifiche attività (che siano consapevoli o meno) di specifici individui. Nessuno nasce con questi feticci. Infatti, essi non esistono totalmente in quanto feticci finché non vengono identificati come tali dalle autorità che si proclamano specializzate nell’identificare le devianze sessuali e che trasformano ciò che potrebbe essere un’eccitazione momentanea in un’identità.
Ma il punto che voglio sottolineare con questi esempi è che le passioni e gli impulsi, i sentimenti e i desideri non sono innati, ma creati, e non c’è motivo perché io non possa volontariamente crearmene dei miei. Se non lo faccio, è perché cado nei canali prefissati dell’abitudine e delle norme sociali. Quindi al fine di iniziare a creare volontariamente le mie sensazioni, impulsi e desideri ho bisogno di rompere decisivamente con l’abitudine, irrompendo nelle aspettative sociali e sperimentando la spontaneità intenzionale.
La spontaneità può esistere davvero solo come una scelta consapevole e intenzionale. Quando agisco inconsapevolmente (che è come agisce il più delle volte molta gente in questa società), endo a limitare le mie azioni in base all’abitudine, al ruolo, all’identità e alla semplice reazione, nessuna delle quali provoca una sincera auto-creazione, essendo piuttosto sottomissione a ciò che è previsto, a ciò che viene creato per mantenermi schiavo. Ciò è il vero contrario della spontaneità. Dove non c’è volontà, non può esserci attività spontanea.
Io guardo al desiderio – come opposto al mero “spettro del desiderio” (William Blake) – come l’impulso a creare. Esso mi spinge ad agire nel mio mondo, a sperimentare ed esplorare. Questo impulso può esistere nella sua piena forza solamente in un’ottica dove la mia vita non è già stata creata per me. Ciò significa che esso può esistere solo in conflitto con il presente ordine sociale, visto che questo ordine usurpa la mia capacità di crearmi la mia vita, costringendomi a sottomettermi o a ribellarmi. Ciò che viene chiamato “desiderio” in questo ordine è solamente la voglia di un qualcosa già definito, un oggetto esterno che non è di mia creazione, anche se lo produco da me. L’auto-creazione è la ribellione contro questa realtà.