dalla stampa italiana: testo del Nucleo Olga FAI/FRI – Il marchio della vita
FONTE: http://www.giornalettismo.com/archives/303812/federazione-anarchica-informale-la-rivendicazione-dellattentato-ad-adinolfi/
Brand FAI – Gruppo eversivo in franchising…
Puntuale e fresco di master in brand management, il caca-inchiostro di Panorama -citando di nuovo Culmine– è convinto d’aver finalmente scoperto che gli anarchici agiscono in franchising.
Brand FAI: “chiunque può prendere il marchio e compiere azioni in nome della ditta….”. Diffidate dalle imitazioni!
Culmine
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Panorama – Il documento di rivendicazione della Fai inviato al Corriere della Sera
FONTE : Panorama, 11 maggio 2012
La rivendicazione da parte della Federazione anarchica informale/Fronte rivoluzionario internazionale (Fai/Fri) dell’attentato del 7 maggio scorso all’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi non ha stupito gli esperti dell’Antiterrorismo. Che da mesi temevano il salto di qualità degli anarcoinsurrezionalisti del Fri (una sigla nata sull’asse Roma-Atene), come annunciato nell’ormai noto documento «Non dite che siamo pochi», dove si teorizzava l’azione diretta «che può andare dal lancio della molotov all’assassinio senza gerarchia di importanza», ma soprattutto nel novembre scorso in una nuova risoluzione dei «membri imprigionati della Cospirazione delle cellule di fuoco, i compagni greci a cui l’attentato è stato dedicato.
Infatti sei mesi fa dal carcere le Ccf inviarono un documento fondamentale per meglio chiarire che cosa si dovesse intedere per lotta armata, in polemica con «quella stupida divisione formulata da alcuni anarchici di certi paesi, che accetta la violenza anarchica solo se questa è rivolta esclusivamente contro un obiettivo materiale, ma che marginalizza e disapprova la pratica di giustiziare un dignitario, un direttivo del sistema, il tutto sulla base del “rispetto della vita”». Per loro, chiarivano, «non c’è nessun rispetto della vita umana di uno sbirro, di un giudice, di un magistrato, di un giornalista o di un infame».
E anche gli anarcoinsurrezionalisti che hanno rivendicato l’attentato di Genova hanno criticato ferocemente «quell’anarch-ismo ideologico e cinico che solo nella teoria e nel presenzialismo ad assemblee e manifestazioni trova la sua realizzazione». Subito dopo hanno citato il loro pantheon di eroi: i greci sotto processo delle Ccf, il guru dell’ecoterrismo (Marco Camenisch), il trio di bombaroli italo-svizzeri, «Silva, Eat e Billy» fermati prima di un attentato all’Ibm a pochi chilometri da Zurigo e molti altri compagni morti o finiti in carcere.
La critica agli anarchici meno agguerriti è feroce, quasi un epitaffio per chi sceglie un antagonismo (quasi) pacifico come stile di vita: «Produciamo e consumiamo cultura radicale e musica alternativa e lentamente, molto lentamente crepiamo senza mai aver impugnato un’arma o colpito un oppressore». E non basta «qualche sporadico scontro di piazza, tanto per mettere a tacere la propria coscienza».
È in queste parole il salto di qualità del nuovo corso anarcoinsurrezionalista: i compagni del nucleo Olga (Ikonomidou) non cercano «consenso» (troppo facile «colpire dove il dente duole», magari un «qualche funzionario di Equitalia»), ma «la complicità». «La rabbia» dei cittadini oppressi dalla tasse non può essere scambiata per «rivolta». Per questo loro hanno deciso di scegliere obiettivi più sofisticati e in particolare Finmeccanica, una «piovra assassina» che sperano che altri terroristi colpiranno ancora.
È qui è anche la differenza tra anarchici e brigatisti: i secondi sono una struttura rigida che prende comandi dall’alto, i primi sono un gruppo eversivo in franchising, chiunque può prendere il marchio e compiere azioni in nome della ditta.
Ora, chi ha saltato il fosso (colpendo direttamente con un’arma da fuoco), invita gli altri anonimi compagni con l’insurrezione nel cuore a seguire lo stesso solco. Per questo rivelano agli altri aspiranti terroristi che leggeranno la loro rivendicazione che «pur non amando la retorica violentista, con una certa gradevolezza abbiamo armato le nostre mani, con piacere abbiamo riempito il caricatore» e che «a progettare e realizzare questa azione sono stati compagni senza alcuna esperienza militare, senza alcun specialismo, solo degli anarchici che con questa loro prima azione vogliono segnare definitivamente un solco tra loro e quell’anarch-ismo infuocato solo chiacchiere».
Il messaggio è preoccupante: per noi era la prima volta, chiunque può imitarci. Il pensiero finale è rivolto ai «componenti della cellula dei membri prigionieri della Ccf/Fai, ad ognuno dei quali andrà dedicata in futuro un’azione». Per i bombaroli del terzo millennio i compagni ellenici sono un esempio per «coerenza» e «forza». Come sa bene chi legge i siti degli anarchici più duri e i resoconti del processo in corso ad Atene contro questi terroristi. Le «parole armate» (per citare un sito anarchico) dei detenuti oggi «vendicati» con l’attentato di Genova da tempo vengono tradotte e diffuse con zelo dai compagni italiani (leggi qui).
E così scopriamo che Michalis Nikolopoulos ha risposto così al giudice che lo interrogava: «Sappiate, inquisitori della moderna mafia giudiziaria, che siamo in guerra. Combatteremo contro di voi. Abbiamo appreso come lottare contro lo Stato».
O che Christos Tsakalos ha ringhiato: «Sono un anarchico ed un guerrigliero urbano. Le accuse contro di noi costituiscono un onore. Quel che cercheremo di dimostrare da qui, da questo tribunale militare che avete messo su, è che i veri colpevoli siete voi. Noi continueremo la nostra azione, perciò è meglio che stiate zitti e che non ci facciate delle domande».
Parole che servono a eccitare gli animi più facinorosi. E magari ad armare le loro mani. Come ha dimostrato la gambizzazione di Adinolfi.
CCF – Proiettili di parole per i proiettili della FAI/FRI
trad. ParoleArmate
È un momento meraviglioso, il momento in cui il nemico si inginocchia e cade dalla determinazione dei tuoi fratelli e sorelle. Qualche giorno fa Roberto Adinolfi, dirigente della compagnia di energia nucleare Ansaldo Nucleare, è stato colpito da un proiettile dai nostri fratelli e sorelle del Nucleo Olga della Federazione Anarchica Informale (FAI) – Fronte Rivoluzionario Internazionale (FRI).
Roberto Adinolfi è un sommo sacerdote del nuovo totalitarismo degli imperativi della scienza e della tecnologia. La scienza è diventata la religione moderna dei nostri tempi, che promette ad una società apatica il letargo di una pancia ripiena e di paradisi artificiali in cambio della freddezza e del cuore vuoto annegato nel compromesso.
L’impero del totalitarismo scientifico è nutrito dalla vanità di una civilizzazione autoritaria antropocentrica. Una civilizzazione imposta sui nostri desideri, le nostre scelte, la natura e gli animali, trasformando la vita in una scala quantitativa per soddisfare le sue miserabili statistiche. Allo stesso tempo, le persone di adesso finiscono per non riuscire nemmeno più ad osare vivere autenticamente, senza ipocrisia, e come sprofondano nella loro dipendenza alle tecnologie sostitutive della vita reale essi creano illusioni e relazioni superficiali. Ora, con le loro scoperte scientifiche, possono “offrirci” più tempo per invecchiare ma privandoci di un modo per vivere autenticamente. Così, la scienza genera il più freddo di tutti i mostri della follia umana. Stabilisce la fascistizzazione tecnologica delle nostre vite. Stabilisce i test genetici, il monitoraggio elettronico, i laboratori animali, le ricerche statistiche, la dittatura delle macchine e dei numeri.
Così i sommi sacerdoti dell’energia nucleare come Adinolfi avvelenano e saccheggiano la natura, gli animali e le persone, travestendo i loro crimini scientifici sotto forma di evoluzione. Gli spari ad Adinolfi sono la nuova poesia dell’azione anarchica. Nella macchina sociale dell’indolenza e del compromesso, gli appelli umanitari e le inibizioni riformiste che concernono il “rispetto” per la vita umana non perderanno mai. Ma nel nostro codice di coscienza le cose sono chiare. Noi non abbiamo alcun rispetto per la vita umana di per sé. Ciò che la vita umana fa per sé è produrre l’opzione di SCELTE. Le SCELTE sono quelle che danno valore alla vita umana, o la svalutano e la banalizzano. Quindi, qual è la ragione per rispettare la vita umana di piccoli e grandi tiranni come Adinolfi, che non hanno nemmeno per un momento rispettato le nostre vite?
La pratica degli attacchi armati era, è e sarà una parte integrale della nuova guerriglia urbana anarchica. La scelta dei COMPAGNI della FAI/FRI di chiamare la cellula che ha attaccato Adinolfi col nome di Nucleo Olga per la nostra compagna Olga Ikonomidou è un grande onore per noi ed un profondo atto di amicizia, che non verrà mai dimenticato. I proiettili e le parole della FAI/FRI sono riusciti a rompere l’inespugnabile delle specifiche condizioni imposte a Olga nella prigione Diavata e a distruggere la cella di isolamento dov’è rinchiusa sotto punizione disciplinare, monitorata 24 ore al giorno attraverso una telecamera a circuito chiuso; loro le hanno dato, dunque, la forza e il sorriso, ora che sa che tutto continua.
Per noi la FAI/FRI italiana è la seconda casa della Cospirazione, e metà del nostro cuore appartiene alla FAI/FRI italiana. Noi guardiamo avanti al tempo in cui ci uniremo alle nostre sorelle e ai nostri fratelli della FAI/FRI e ci solleveremo verso nuove battaglie per la tenace insurrezione anarchica. Sia la FAI/FRI sia la Cospirazione delle Cellule di Fuoco non sono una ricetta per risposte confezionate, ma sono un buon modo per iniziare con domande e richieste per una vita libera ed autentica. Compagni della FAI/FRI: possa un proiettile arrivare con ogni nostra parola, come il pensiero arriva con ogni vostra pallottola… ed il caricatore della vita continua ad essere caricato con sogni, desideri, ansie, lacrime, sorrisi, dubbi, discussioni, azioni…
Un giorno dopo la rivendicazione del Nucleo Olga della FAI/FRI, siamo stati informati dai media che la procura di Bologna, attraverso il ridicolo pupazzo-PM Enrico Cieri, ha emesso mandati di arresto contro di noi per la trappola-pacco che è stata inviata a Berlusconi. Più precisamente, i mandati d’arresto sono stati emessi per cinque di noi (Panagiotis Argirou, Giorgos Nikolopoulos, Haris Hadjimihelakis, Gerasimos Tsakalos e Christos Tsakalos), così come per due estranei che non hanno connessione in nessun modo con la Cospirazione e con l’anarchia insurrezionale della FAI/FRI.
I mandati contro di noi sono per rappresaglia da parte della procura di Bologna per l’attacco delle nostre sorelle e fratelli del Nucleo Olga della FAI/FRI. E’ un disperato tentativo da parte delle autorità italiane di interrompere ed impedire la rete informale internazionale che si sta sviluppando tra decine di cellule FAI/FRI. Ma invano. L’invito-incentivo dei compagni italiani a creare una federazione anarchica informale di anarchici d’azione ed il suo costante avanzamento è già nelle menti e nei cuori dei compagni di tutto il mondo. Nessuna accusa potrà mai fermarla, in nessun luogo.
I compagni della FAI/FRI hanno scritto nel loro testo “Non dite che siamo pochi“, e noi ora aggiungiamo “Non dite che possono fermarci…” la Federazione Anarchica Informale viaggia oltre confini e città, portando con se il monumento della tenace insurrezione anarchica. Come Cellula dei Membri Prigionieri della CCF, col nostro compagno e fratello Theofilos Mavropoulos, noi siamo INSIEME alla FAI/FRI in questo viaggio senza ritorno. Abbiamo bruciato i ponti dietro di noi, ed ogni inibizione è morta. Noi siamo anarchici pratici, e tutto ciò che possiamo dire alla procura di Bologna è: i vostri mandati non sono altro che carta igienica per noi, e siamo completamente indifferenti verso la ridicolezza della vostra esistenza, così come quella dei rappresentanti dello stato giudiziario italiano. E’ un tempo pericoloso per la mafia degli accusatori al giorno d’oggi. Le vite dei vermi come voi potrebbero presto incontrare una fitta pioggia di proiettili, o una potente bomba nella vostra macchina, o un pacco bomba nelle vostre mani… i mandati d’arresto in rappresaglia contro di noi sono un’altra orgogliosa prova che il Nucleo Olga FAI/FRI ha contrastato con una precisione eccezionale, causando il panico nel nemico. Gli attacchi che le nostre sorelle e i nostri fratelli hanno preannunciato attraverso i loro comunicato sono un’ammirabile continuazione della sfida sguinzagliata sia dalla FAI/FRI sia dalla CCF contro il Potere e la macchina sociale. Che è la sfida della tenace insurrezione anarchica. Che è la sfida della cooperazione internazionale degli anarchici pratici.
E se qualcuno di noi è ora prigioniero nelle mani del nemico, ciò non ci spaventa o ci fa pentire, la prigione nutre il lupo dentro di noi, e la nostra rabbia contro il Potere e la sua società cresce sempre più forte. Ognuno di noi, assieme a Eat, Billy, Gabriel, Marco, Silvia, Billy, Costa, Jock e i compagni imprigionati in Cile, Messico, Italia ed ovunque, verrà lasciato nemmeno per un momento da solo. Perché contiamo su tutti voi, i liberi e sconosciuti fratelli e sorelle, le cui azioni sentiamo nostre, le cui parole si incontrano con le nostre…
GUERRA CONTRO LA MACCHINA SOCIALE
LUNGA VITA ALLA TENACE INSURREZIONE ANARCHICA
PER IL RAFFORZAMENTO E LA DIFFUSIONE DELLA FAI/FRI E L’INTERNAZIONALE NERA DEGLI ANARCHICI D’AZIONE
Membri della Cellula Prigioniera della Cospirazione delle Cellule di Fuoco
Olga Ikonomidou
Giorgos Polydoros
Gerasimos Tsakalos
Panagiotis Argirou
Christos Tsakalos
Damiano Bolano
Mihalis Nikolopoulos
Giorgos Nikolopoulos
Haris Hadjimihelakis
ed il compagno anarchico Theofilos Mavropoulos.
Anarchaos e il giornalismo di regime, niente da spartire
riceviamo da anarchaos
“Anarchaos e il gionalismo di regime, niente da spartire” Abbiamo ricevuto questa e-mail, con cui una giornalista in carriera di La7, o presunta tale, ci chiede un’intervista.
Che vi sia dietro un intento poliziesco oppure no, in ogni caso non ci importa nulla di dare informazioni (e a che titolo poi?) alla stampa di regime; la stessa che accorre commossa quando i pezzi grossi dello Stato e del Capitale si fanno male ma che se ne frega di quelli che ogni giorno crepano nei CIE, nelle fabbriche, nelle carceri, in mezzo al mare, o si ammazzano per la miseria in cui sono costretti a vivere. Non abbiamo nessuna intenzione di prestare il fianco all’ennesima pantomima mediatica, strumento di quotidiano rimbambimento democratico, utile solo a riempire di inutili fandonie gli ignari telespettatori.
Noi tramite il sito cerchiamo di fare della controinformazione anarchica, e per farlo pubblichiamo tutto ciò che è attinente alle tematiche anarchiche; in questo caso, ad esempio, abbiamo pubblicato sia la rivendicazione degli attentatori di Adinolfi che dei commenti critici in proposito. Una cosa è certa, non piangiamo per la salute (peraltro pare in miglioramento) di uno che ha sulla sua coscienza tumori e leucemie in mezza Europa. Non siamo in grado di mettere in contatto l’avvenente Valentina, con “i protagonisti” – come li chiama lei. Ci chiede se “è possibile farlo spiegare da chi ne fa parte (RIBADISCO IN FORMA ANONIMA)”. Non è possibile perché non abbiamo la benché minima idea di chi sia stato e non ce ne frega nemmeno nulla di saperlo. E se lo avessimo saputo, non ve lo avremmo certo detto. Quel poco che sappiamo, è quello che abbiamo pubblicato (sempre citando altre fonti, spesso la stessa stampa: in questo caso il Corriere).
Abbiamo sentito parlare della Federazione Anarchica Informale per la prima volta nel 2002 e da allora le sue rivendicazioni e anche i testi più teorici sono tutti liberamente riperibili in rete.
Nel nostro dna non c’è la dissociazione, la condanna, le infamate verso nessuna individualità o gruppo anarchico. C’è la critica ovviamente, quando ci sembra giusta, e quando ci sembra che le azioni e gli intenti si scostino dall’agire e dal pensare un mondo senza padroni, servi, sopraffazione, gabbie e carcerieri. Siamo invece solidali con chi viene colpito dalla repressione, “colpevole” o “innocente” che sia per lo Stato. Come è capitato, da “innocente” in questo caso, anche a un nostro compagno.
Ma questi sono discorsi che riguardano i nostri affini, gli sfruttati e tutti i ribelli che hanno deciso di non subire più i soprusi del sistema. Non certo i pennivendoli de La7.
I compagni che in questo momento gestiscono anarchaos.
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Salve, spero che mi possiate rispondere sono una giornalista di La7. mi chiamo valentina petrini e lavoro per Piazzapulita (giovedì 21.10) vi scrivo perchè sto seguendo il caso della gambizzazione del dirigente Ansaldo e con stupore e anche smarrimento cerco di capire cosa comunicare e come comunicarlo. oggi sui quotidiani ho letto di tutto: soprattutto ho visto i nomi di centri sociali che so per certo non essere anarchici, ma spacciati come tali come se oggi basta dire di essere anarchico per essere accusato di essere un brigatista. Leggo sul vostro sito: “Pubblichiamo a scopo puramente informativo. Lo facciamo per dovere verso la curiosità dei nostri lettori. Non ne condividiamo il contenuto, necessariamente. Non istighiamo all’emulazione, ma invitiamo allo studio e alla critica”.
Lo so che non mi crederete, sono una giornalista come tanti, ma io vorrei veramente provare a fare qualcosa di nuovo, a comunicare provando ad approfondire. Sto cercando una via alternativa. non mi interessa riportare e sintetizzare le relazioni della digos o dei ros.
Per farlo ho bisogno che i protagonisti parlino.
Anche via skype Cosa significa essere anarchici, quali obiettivi, gli anarchici italiani in relazione con il resto del mondo, cosa è la Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale? E’ possibile spiegarlo? E’ possibile farlo spiegare da chi ne fa parte (RIBADISCO IN FORMA ANONIMA)?
Spero, comunque, in una vostra risposta
Valentina Petrini
– Valentina Petrini
INVIATO
“Piazzapulita” – La7+39 328.3277525
+39 06 3677585 valepetrini(at)gmail.com
Il carcere nel cervello…
Culmine riceve da RadioAzioneE’ oramai chiarissima l’intenzione, da parte dei media, di dare più eco al rumore che causa il ferimento ad una gamba di un dirigente dell’Ansaldo Nucleare che le migliaia di vittime che negli anni il nucleare stesso ha provocato, anche per colpa di gente come Adinolfi. Si chiede a voce forte l’intervento dell’esercito, ma questo non ci meraviglia. La stampa nazionale, ed i media tutti, sono da sempre la voce dei partiti e delle questure. In un clima che inizia a riscaldarsi la voce del governante di turno, del politico o del questurino si alza attraverso le pagine dei quotidiani cercando di creare un clima di terrore generale che possa togliere l’attenzione dagli avvenimenti che stanno caratterizzando questo ultimo anno il “bel paese”.
La cosa più preoccupante non sono tanto i quintali di porcate scritte da pennivendoli con il tappo nel cervello e l’inchiostro nelle vene, ma alcune risposte che arrivano da chi della repressione ne è vittima quotidianamente. Incancreniti nel corpo e nelle idee ad ogni colpo si risponde con il piangersi addosso, assemblee, volantini, di mettere “i puntini sulle i” e il tentare di riorganizzare “unità” che mettono più brividi delle inchieste stesse. Non c’è fiacchezza nelle risposte perché non esistono le risposte stesse; almeno quelle di movimento mentre quelle individuali fortunatamente arrivano spesso. Si parla di distruzione delle carceri ed i primi carcerieri delle nostre idee siamo noi stessi. Ci sono tante cose che hanno sempre bloccato la crescita del “movimento” anarchico da quando si è stabilizzata una certa “pace sociale” creato anche da un anarchismo vecchio. Una su tutte la capacità, o la paura, di autocritica; la seconda è la coordinazione tra “pensiero e azione” che dovrebbe essere spontaneo e non “ ricercando una coerenza”; il pensiero stesso della ricerca di una coerenza è un cancello, un paletto…un ostacolo. Pensare di essere coerente con le proprie idee è la prima forma di “carcere” che creiamo in noi stessi; chi crede seriamente nelle proprie idee si comporta di conseguenza senza sentire alcun peso. Le carceri costruite intorno alle nostre idee devono essere le prime ad essere abbattute se si vogliono abbattere quelle di cemento armato, sbarre e vegliate da cani da guardia in divisa. La “paura” è un sentimento naturale e non deve essere visto come segno di debolezza sia da parte di chi se la vive sia da parte di chi “paura” ne ha di meno. Sentir parlare, e leggere, gli anarchici, oggi, con frasi dell’800 fa venire i brividi; pensare di applicare tesi e concetti, concepiti un secolo fa, serve solamente a far crescere le ragnatele intorno al cervello.
“Il culto dei morti ha, sin dagli albori, frenato l’evoluzione degli uomini. Esso è il “peccato originale”, il peso morto, la palla che l’umanità trascina con sé” (A. Libertad)..
Come ricordavano alcuni compagni in un documento, il movimento anarchico non è, e non deve essere, un movimento che da spettacolo tantomeno terreno fertile in cui immaginari filosofi dell’insurrezione si fanno spazio con la buona dialettica.
“Pensiero e azione”: questo deve essere l’anarchismo, queste devono essere le risposte! La solidarietà deve essere un’arma e non solamente un semplice termine scritto.
Le modalità su come portare avanti le singole lotte le decide il singolo individuo, ma bisogna tenere ben presente che le lotte stesse non si fanno con l’inchiostro e fiumi di parole; l’insurrezione non è una teoria dettata da professorini o filosofi e l’anarchismo non è una fede in cui si confondono le sedi, le sedie e i drappi neri con le chiese, inginocchiatoi, e crocefissi.
I “calamai” non ci sono più, le “penne” non si usano quasi per niente, di “parole” se ne sono fin troppo sprecate ed i “pugnali” raramente avranno la meglio sulle pistole. La libertà non è mai stata regalata a nessuno; non è mai stato un pensiero, ma il sentimento più alto a cui un individuo dovrebbe aspirare…ed ottenere in qualsiasi modo con qualsiasi mezzo che si ritiene necessario contro chi, da sempre, ci ha messo un guinzaglio al collo e le catene a mani e piedi.
SOLIDARIETA’ A TUTTI GLI ARRESTATI
COMPLICITA’ CON I COMPAGNI ANARCHICI!
RadioAzione
Anarchici, W la FAI!
Articolo di Luciano Lanza, 16 maggio 2012
su Il Fatto
Oggi pubblico l’editoriale che comparirà nel numero di giugno di A rivista anarchica. un periodico nato nel 1971 e che è stato fra i protagonisti della campagna per la liberazione di Pietro Valpreda.
La Federazione Anarchica Italiana è stata fondata a Carrara appena finita la seconda guerra mondiale. Centinaia di militanti anarchici, rispuntati dall’esilio, dalla clandestinità, dal partigianato, alcuni dalle carceri, ecc. si incontrarono nella città-simbolo dell’anarchismo di lingua italiana per dar vita a quella che fu per un ventennio la “casa” della quasi totalità degli anarchici di lingua italiana. Alcuni gruppi, alcune individualità preferirono restarne fuori e questo non ha mai costituito un problema, proprio per lo spirito libero e libertario che da sempre caratterizza l’associazionismo degli anarchici. Poi dissensi proprio sulle modalità organizzative, nuove sensibilità nate soprattutto a partire dal ’68 e altri fenomeni hanno progressivamente portato la FAI ad essere una delle componenti del movimento anarchico, seppure di sicuro la più longeva e la più “grande”.
Tra l’altro la FAI gestisce il settimanale Umanità Nova che esce regolarmente dal 1945, ricollegandosi non solo in via ideale al quotidiano fondato da Errico Malatesta nel febbraio 1920 a Milano e proseguito per quasi tre anni, fino all’epoca della marcia su Roma (ottobre 1922). E ci piace ricordare che anche durante il fascismo, clandestinamente o all’estero, qualche numero di Umanità Nova non mancò di squarciare il totalitarismo.
La FAI per noi è questa: la Federazione Anarchica Italiana, con la quale da sempre abbiamo ottimi rapporti, evidenziati anche dal fatto che tra i nostri collaboratori più costanti e significativi alcuni siano militanti di quell’organizzazione: innanzitutto Massimo Ortalli, che per noi di fatto è un redattore di questa rivista. E poi Maria Matteo, Antonio Cardella e altri ancora.
Noi di “A” non siamo militanti della FAI. Quando “A” nacque oltre 40 anni fa, la redazione era composta quasi esclusivamente da militanti dei Gruppi Anarchici Federati, un’organizzazione prevalentemente giovanile che poi si esaurì nella seconda metà degli anni ’70. In quanto tale, però, la rivista non ha mai fatto riferimento esclusivo a una “componente” dell’anarchismo organizzato – in una tradizione di apertura che in Italia è caratteristica prevalente delle varie testate, a partire proprio da Umanità Nova che pur essendo “della FAI” è sempre stata aperta.
Che se ne faccia parte o no, questa è la FAI, la nostra FAI.
Da qualche tempo ce n’è un’altra in giro, che vigliaccamente utilizza lo stesso acronimo, ma la cui ultima lettera sta per “informale” invece che “italiana”. Si tratta di un’operazione sporca, che sia opera di “compagni” o dei servizi segreti o di chi altro. Sporca, comunque. E’ grazie a questa scelta (provocatoria, si sarebbe detto in altri tempi) che in queste settimane i mass-media si permettono di ripetere che la FAI gambizza, la FAI ha imboccato la strada della lotta armata, la FAI… Senza nemmeno più il pudore o l’attenzione di dire la FAI informale.
Abbiamo seguito su “A” fin dall’inizio le gesta di questi informali, il loro uso della violenza, fisica e verbale. Li abbiamo seguiti e li seguiamo con l’attenzione e la preoccupazione che meritano, come ogniqualvolta si vuole confondere l’anarchismo con la violenza, il terrorismo, la vendetta, ecc.. Abbiamo attraversato gli anni ’70 e ’80, stimolando dibattiti, approfondendo, discutendo, ma soprattutto marcando per quanto possibile il baratro che ci divide da chi – in qualsiasi luogo, dal Potere ai movimenti – ritiene che violenza e anarchia facciano rima. Non fanno rima. A meno di stravolgerne il senso.
Come fanno gli informali con sigla FAI.
In merito a una dissociazione!
Culmine riceve e pubblica*
In questa città di Genova pare che esistano, quantomeno virtualmente, alcuni libertari e qualche anarchico, occasionalmente(?) cittadinisti, che sentono e manifestano la loro paura di essere colpiti dalla repressione.
Accampando pretestuose motivazioni metodologiche ed etiche hanno ben pensato di prendere preventivamente le distanze, come in una partita di scacchi si anticipa le mosse del nemico, dissociandosi (senza peraltro, che nessuno li avesse ancora associati).
Nel loro scritto sono preoccupati delle indagini che la questura svolge a loro carico ed esaltano le loro gesta pubbliche e collettive nei vicoli genovesi. Vivono la frustrazione di non essere riusciti a svegliare quel tanto osannato sociale e sentono l’esigenza di disprezzare azioni altrui. Sentono l’esigenza di chiarire ( agli inquirenti?) che stanno combattendo su un altro lato della barricata. Lo fanno in un momento strategico, adesso che qualcosa succede nella “loro” città e non molto tempo fa quando, per loro stessa ammissione, sarebbe stato utile.
Non pensiamo ci possa essere alcun dibattito portato avanti con chi si “difende” con meschine dissociazioni, solo che si chiamino le cose con il proprio nome e una dissociazione non diventi un “mettere i puntini sulle i”.
I soliti due rompicoglioni
Genova 17/05/2012
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nota di Culmine: Il comunicato de “I soliti due rompicoglioni” è in riposta ad un anonimo comunicato di dissociazione apparso su lombardia.indymedia.org/node/45805 , non pubblicato da Culmine perché non ci è mai stato inviato.
Sono tanti i comunicati e le dichiarazioni che stanno uscendo in questi giorni, noi pubblicheremo -condividendone o meno il contenuto- solo quelli che verranno inviati alla nostra e-mail: iconoclasta(at)riseup.net
La Federazione Anarchica Italiana e la Federazione Anarchica Informale…
Continuano su televisioni, radio (di stato e private), giornali (di regime e di controinformazione), e blog di ogni tipo ad essere diffusi comunicati, dichiarazioni e interviste sui fatti di Genova. Criminologi, sociologi, analisti, pentiti, dissociati, ex-lottarmatisti, esuli e via discorrendo, tutti a disquisire sul “ritorno alla lotta armata” e ad auspicare una repressione feroce ed esemplare.
Adesso è la volta della Federazione Anarchica Italiana, attraverso un suo esponente intervistato da una radio di movimento. L’intervista ed un articolo riassuntivo sono su:
http://anarresinfo.noblogs.org/2012/05/20/gli-anarchici-i-media-il-ferimento-di-adinolfi/
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Nessun commento da parte nostra.
Fermo restando tutto l’appoggio e la complicità nei confronti degli anarchici d’azione segnaliamo, soltanto, che sono tanti gli individualisti ed i nichilisti ad esprimere una vera e propria insofferenza nei confronti di qualsiasi acronimo.