La Federazione Anarchica Italiana, la più importante del paese, rifiuta la violenza in quanto forma di prevaricazione («La violenza è la forma più grave di prevaricazione e per noi libertari è inaccettabile» spiegano a Linkiesta). L’attentato di Genova a Roberto Adinolfi, dicono, non è quindi degno degli anarchici, ma anzi sarebbe di carattere “leninista”. E la qualifica di “leninista” per un anarchico non è un complimento.
«L’anarco-insurrezionalismo è l’unico terrorismo che può offendere questo Paese. Non è più il fenomeno brigatista o il terrorismo internazionale», dichiara oggi il capo della polizia Antonio Manganelli. Sul banco degli imputati, in particolare, c’è il Fai (Federazione Anarchica Informale), un’organizzazione eversiva e terroristica che ha rivendicato nel corso degli anni recenti diversi attentati. L’ultimo, quello più clamoroso, è stata la gambizzazione a Genova di Roberto Adinolfi, manager dell’Ansaldo.
Ma l’anarchia, come ideale, non è sinonimo di violenza, anzi. La Federazione Anarchica Italiana (la sigla è sempre Fai, ma ha ben poco a che spartire con gli omonimi terroristi) è il più importante gruppo anarchico del paese. Sul proprio sito, nella sezione “programma” – stilato nel 1919 da Errico Malatesta – spiega a quale obiettivo devono tendere gli anarchici: «Si tratta di cambiare il modo di vivere in società, di stabilire tra gli uomini rapporti di amore e solidarietà (…) e questo non è cosa che si possa imporre colla forza, ma deve sorgere dalla coscienza illuminata di ciascuno ed attuarsi mediante il libero consentimento di tutti». Non esattamente la premessa ideologica di un’associazione terroristica. L’unica concessione all’uso della violenza è nell’ultimo paragrafo del programma, dove si ammette che è possibile la lotta «pacifica o violenta, secondo le circostanze» contro il governo e i proprietari.
Al numero di telefono indicato per la Federazione Anarchica Torinese, una delle più importanti del Fai, risponde la voce roca di Maria Matteo. Quando le si chiede: «parlo con la responsabile?» risponde: «noi anarchici non abbiamo un responsabile o delle gerarchie». Per quanto riguarda l’uso della violenza, come impostazione teorica, spiega: «Il nostro fine è radicale, cioè la trasformazione della società in direzione dell’uguaglianza, con l’abolizione della proprietà e dello Stato, per dare a tutti la libertà. Un fine di questo tipo, per sua natura non può essere perseguito con la violenza. Un sistema dittatoriale si può imporre, ma come si può imporre la libertà?». Quell’accenno alla violenza al termine del programma fa riferimento a circostanze eccezionali. «Se in futuro – prosegue Maria Matteo – ci fossero le condizioni per costruire una società diversa, e lo Stato usasse la violenza per non farsi abbattere, sarebbe giustificabile l’uso della forza per difendersi. Quando i padroni usavano i fascisti per reprimere le insurrezioni in fabbrica nel ’20, ci siamo difesi. Durante la Resistenza abbiamo combattuto. È una questione di contemperare l’etica della convinzione con l’etica della responsabilità, ma la nostra impostazione resta in ogni caso antiviolenta. La violenza è la forma più grave di prevaricazione e per noi libertari è inaccettabile».
Una rigorosa impostazione culturale, da cui discenda una linea politica di azione di un certo tipo. Non certo assimilabile a quella della Federazione Anarchica Informale. Arrivando all’attualità, e in particolare al caso di Genova, Maria Matteo non nasconde la sua irritazione: «Trovo sorprendente che qualcuno spari in una gamba a un uomo, e nel comunicato di rivendicazione, a parte le prime righe, dedichi tutto il resto del documento a insultare il resto del mondo anarchico. Più che della questione nucleare mi sono sembrati interessati a farsi uno spot pubblicitario».
Che poi si spari per la questione nucleare, per questa signora anarchica è ancor più sorprendente. «In Italia la popolazione è sempre riuscita a bloccare il nucleare, con la partecipazione e la protesta pacifica. Questa azione violenta non è di carattere anarchico, ma leninista: pensano di potersi porre alla guida perché loro hanno capito tutto e gli altri niente. Ma non è con azioni di questo tipo che si modifica l’atteggiamento delle persone». La qualifica di “leninista” per un anarchico non è un complimento. Pur riuniti in origine nell’Internazionale, gli anarchici si sono allontanati da socialisti e comunisti quando è diventata evidente la deriva autoritaria e oppressiva delle altre ideologie. E proprio questa è l’accusa rivolta agli attentatori: «Hanno compiuto un’azione deprecabile, una violenza non giustificata e di tipo avanguardista», conclude Maria Matteo: «noi non la condividiamo in alcun modo».
Commenti
Non starò a discutere in merito alla declamazione religiosa del Programma di Malatesta, per il semplice fatto che non è quello di cui voglio parlare.
Vorrei solo precisare che non solo la FAI non è un gruppo di vecchietti (io stesso sono molto giovane, così come la quasi totalità della fed. locale a cui appartengo, e così molte altre, tant’è che all’ultimo congresso l’età media era attorno ai 30 anni, contando i più anziani), non solo non è assolutamente vero che non riesce a far presa sulla società (se per far presa si intende mettere la bandierina ad ogni iniziativa, consiglio un ripasso veloce del già citato Malatesta) in quanto è presente in moltissime situazioni pur non avendo ASSOLUTAMENTE la volontà di monopolizzarle, ma puntando sempre a partecipare in modo che esse siano autonome e indipendenti (esattamente come si intende dalla risposta di Maria all’ultima domanda. Ma sembra che l’autonomia delle popolazioni non sia un principio anarchico, in base a quest’ultimo commento), inoltre è invece presente in moltre delle realtà di lotta più importanti (pur non cadendo nel mero movimentismo a prescindere, che sappiamo a cos’ha portato), dai No Tav alle lotte per la casa (si veda l’esempio di Parma).
Oltretutto, è fisiologico che non tutti i gruppi apprezzino la FAI, così comelo è che molti altri lo facciano, e soprattutto, Maria non ha mai affermato una sorta di pacifismo woodstockiano, ha semplciemente negato l’uso insensato e lottarmatista della violenza.
Consiglio di leggere meglio, prima di rispondere imprecisamente.
Tutti gli stralci del Programma anarchico selezionati dal primo, lungo, commento anonimo per schiumare un incomprensibile livore contro la FAI confermano, al contrario, l’assoluta estraneità delle pratiche “informali” al pensiero e alla prassi malatestiana, cui la FAI si ispira. Per gli anarchici la violenza è una triste necessità. Per gli anarchici la violenza non può che essere rivoluzionaria, collettiva, popolare. Più la volontà rivoluzionaria sarà condivisa, diffusa e consapevole, meno pesante e necessaria sarà la violenza. Si tratta dell’ABC dell’anarchismo. Ecco perché le pratiche avanguardistiche sono lontane anni luce dall’attitudine anarchica. Ecco perché era Mao (e non certo Malatesta) a dire che “la rivoluzione non è un pranzo di gala”. Falle meglio le citazioni, leninista che non sei altro.
Ciò che ha dichiarato Maria Matteo in questo articolo è ipocritamente falso, mistificatorio e storicamente revisionista.
A parte il fatto che sarebbe tutto da dimostrare il che la Federazione Anarchica Italiana sia “il più importante gruppo anarchico del paese” Forse sarebbe stato corretto affermare il gruppo con più tesserati. Tra i giovani ha scarso seguito e quel che peggio è che ormai da decenni non riesce a fare presa sulla società. Nelle maggiori lotte dal basso è assente: come in quella per il diritto all’abitare.
Viene vista da molte individualità e collettivi anarchici sparsi su tutto il territorio come una organizzazione autoreferenziale lideristica rigida che pone un pacchetto di pensieri e autori cui rifarsi pena la scomunica.
Ma a parte ciò Malatesta si starà ribaltando nella tomba. Non era un pacifista come lo si vorrebbe dipingere per scopi bassamente opportunistici e nel più totale spregio di quello che fù il pensiero e l’azione di Malatesta che lo vide protagonista e sobillatore delle insurrezioni armate di Bologna e del Matese.
Nel suo programma Anarchico scriveva chiaramente: “Lasciando da parte l’esperienza storica (la quale dimostra che mai una classe privilegiata si è spogliata, in tutto o in parte dei suoi privilegi, e mai un governo ha abbandonato il potere se non vi è stato obbligato dalla forza o dalla paura della forza), bastano i fatti contemporanei per convincere chiunque che la borghesia ed i governi intendono impiegare la forza materiale per difendersi, non solo contro l’espropriazione totale, ma anche contro le più piccole pretese popolari, e son pronti sempre alle più atroci persecuzioni, ai più sanguinosi massacri. Al popolo che vuole emanciparsi non resta altra via che quella di opporre la forza alla forza.”
Sapeva bene Malatesta che purtroppo non era tutto pace e amore il potere..
Certo gli anarchici son contro la violenza per natura. Vorrebbero una società giusta e felice.
Ma sanno bene che la violenza è patrimonio dello stato che va abbattuto.
Malatesta ancora scrive: “Risulta da quanto abbiamo detto che noi dobbiamo lavorare, per risvegliare negli oppressi il desiderio vivo di una radicale trasformazione sociale, e persuaderli che unendosi, essi hanno la forza di vincere; dobbiamo propagare il nostro ideale e preparare le forze morali e materiali necessari a vincere le forze nemiche, e ad organizzare la nuova società. E quando avremo la forza sufficiente dobbiamo, profittando delle circostanze favorevoli che si producono o creandole noi stessi, fare la rivoluzione sociale, abbattendo, colla forza, il governo, espropriando, colla forza, i proprietari”
Con l’uso della forza abbattere il governo ed espropriare i proprietari…
Trovo davvero grave e volgare nascondere la memoria storica del pensatore cui la Federazione Anarchica Italiana pretenderebbe di rifarsi. E tutto questo per paura. E tutto questo in una fase che vede risorgere la strategia della tensione.
Ancora dal programma anarchico di Errico Malatesta: “Noi non dobbiamo aspettare dì poter fare l’anarchia ed intanto limitarci alla semplice propaganda. Se facessimo così, presto avremmo esaurito il campo; Noi dobbiamo cercare che il popolo, nella sua totalità o nelle sue frazioni, pretenda, imponga, prenda da sé tutti i miglioramenti, tutte le libertà che desidera, man mano che giunge a desiderarle ed ha la forza di imporle; e propagandando sempre tutto intero il nostro programma e lottando sempre per la sua attuazione integrale, dobbiamo spingere il popolo a pretendere ed imporre sempre di più fino a che non ha raggiunto l’eman-cipazione completa.”
Davvero grave per chi si dice anarchico stravolgere il lascito di Malatesta che per le sue idee ed azioni venne imprigionato dallo stato.
Ancora dal suo programma che evidentemente la FAI italiana vuole cancellare: “Presto dunque si presenta per gli operai, che intendono emanciparsi o anche solo di migliorare seriamente le loro condizioni, la necessità di attaccare il governo, il quale, legittimando il diritto di proprietà e sostenendola colla forza brutale, costituisce una barriera innanzi al progresso, che bisogna abbattere colla forza se non si vuole restare indefinitamente nello stato attuale e peggio.”
Attaccare il governo e abbattere con la forza… Vecchi scritti che gridano vendetta alla mancanza finanche morale degli “eredi” mistificatori.
E ancora:” Limite all’oppressione del governo è la forza che il popolo si mostra capace di opporgli. Vi può essere conflitto aperto o latente, ma conflitto v’è sempre; poiché il governo non si arresta innanzi il malcontento ed alla resistenza popolare se non quando sente il pericolo dell’insurrezione.”
Conflitto vi è sempre..
Malatesta in questo passo auspica il conflitto violento e l’insurrezione: parola che da sola fà accapponare la pelle ai docili pacifisti della FAI italiana:
“Quando il popolo sottostà docilmente alla legge, o la protesta è debole e platonica, il governo fa i comodi suoi senza curarsi dei bisogni popolari; quando la protesta diventa viva, insistente, minacciosa, il governo, secondo che è più o meno illuminato, cede o reprime. Ma sempre si arriva all’insurrezione, perché se il governo non cede, il popolo acquista fiducia in sé e pretende sempre di più, fino a che l’incompatibilità tra la libertà e l’autorità diventa evidente e scoppia il conflitto violento.”
E inoltre:” È necessario dunque prepararsi moralmente e materialmente perché allo scoppio della lotta violenta la vittoria resti al popolo.L’insurrezione vittoriosa è il fatto più efficace per l’emancipazione popolarere: ”
“L’insurrezione determina la rivoluzione, cioè il rapido attuarsi delle forze latenti accumulate durante la precedente evoluzione.”
Si sa: la rivoluzione non è un ballo in maschera..
E per chiudere dimostrando che il programma anarchico di Malatesta è pieno di affermazioni che vedono necessario e indispensabile l’uso della violenza: “E se la massa dei popolo non risponderà all’appello nostro, noi dovremo – in nome del diritto che abbiamo di esser liberi anche se gli altri vogliono restare schiavi e per l’efficacia dell’esempio – attuare da noi quanto più potremo delle nostre idee, e non riconoscere il nuovo governo, e mantenere viva la resistenza, e far si che le località dove le nostre idee saranno simpaticamente accolte si costituiscano in comunanze anarchiche, respingano ogni ingerenza governativa, stabiliscano libere relazioni con le altre località e pretendano di vivere a modo loro. Noi dovremo, soprattutto, opporci con tutti i mezzi alla ricostituzione della polizia e dell’esercito”
CIAO ERRICO!
!! “(la sigla è sempre Fai, ma ha ben poco HA a che spartire con gli omonimi terroristi)” !!
parole sante….non confondiamo i taroccatori informali con la vera e sola Fai del grande Malatesta.