[Pep] Il pensiero di Pierangelo Di Vittorio può costituire un ideale e sofisticatissimo sfondo filosofico su cui situare la pratica anti-psichiatrica ed anti-isituzionale, nonché proporsi decisivamente come la fonte di una nuova modalità di politica radicale.
Adottando come principale punto di riferimento il pensiero di Franco Basaglia, la riflessione filosofica del quarantacinquenne pensatore barese (autore di libri fondamentali come la monografia “Franco Basaglia”, con Mario Colucci e “Foucault e Basaglia. L’incontro tra genealogie e movimenti di base”) si orienta verso una critica degli odierni riformismi, onde costruire un radicalismo politico, affondante le proprie radici nella storia dei movimenti anti-psichiatrici, che si adatti ad un’epoca che appare ormai compiutamente post-rivoluzionaria.
Elaborando sul tema di quelle che egli definisce libertà minori e della loro insorgenza, Di Vittorio giunge ad individuare in quest’ultima, avviatasi negli anni Sessanta e Settanta con la messa in questione del sapere psichiatrico, del sistema penale e e della sessualità, la chance per aprire una falla nella strategia politica riformista, ovvero innescare un riformismo critico che attacchi senza posa la sfera del diritto lungo il perimetro dei suoi confini. Questi ultimi, preposti a discriminare e separare gli individui quali interni od esterni al diritto valendosi di fondamenti precipuamente extra-giuridici (ad esempio il sapere psichiatrico, orientato a situare i soggetti di sua pertinenza in un regime di diritti differenziato) debbono essere sgretolati mettendoli politicamente in questione attraverso la rivendicazione delle nostre libertà minori, ovvero della nostra quotidiana insocievolezza, della nostra follia, più in generale della nostra renitenza ad inscriverci nella vita regolata della Polis.
L’antologia di saggi che proponiamo, nell’intento di far luce su uno dei pensatori italiani contemporanei più trasgressivi e affascinanti, si apre con la prolusione “Libertà minori: un diritto all’insocievolezza” (2002) in cui Di Vittorio delinea (interpellando gli itinerari speculativi di Immanuel Kant e Michel Foucault, Franco Basaglia e Georges Bataille) una via post-marxiana e post-rivoluzionaria al radicalismo politico, affrontando fra l’altro le inquietanti contraddizioni dell’ odierna psichiatria, tanto nei suoi versanti scientifici che in quelli politici. Segue “L’anima oltre le sbarre. La biopolitica dalla segregazione alla comunità terapeutica”(2007) in cui Di Vittorio, muovendo dal concetto di bio-politica (formulato da Michel Foucault negli anni Settanta) esamina l’evoluzione del dispositivo scientifico e giuridico della psichiatria (individuata foucaultianamente quale matrice concettuale ed operativa della modalità novecentesca del razzismo) e mostra in modo allarmante l’altissima pervasività sociale cui ormai è giunto il paradigma di matrice psichiatrica della comunità terapeutica, finalizzato alla neutralizzazione dei conflitti ed all’invisibilizzazione del potere. A completamento del discorso sulla biopolitica proponiamo anche “Biopolitica e psichiatria”(2004), mentre il successivo “La parabola della follia” (2004) è un intervento sul percorso speculativo del grande filosofo francese Michel Foucault, protagonista decisivo dei movimenti anti-psichiatrici, indagato in particolare nella relazione del suo pensiero con la rivoluzione del Sessantotto. Completa la nostra antologia “Testimoniare la follia” (2001), una acutissima riflessione sul nostro rapporto con la follia, nel quadro di un’epoca in cui il movimento anti-psichiatrico ha reso possibile una soggettività allargata oltre gli angusti confini della normalità: essere trasgressivi testimoni contro questi ultimi è il compito etico che il pensiero di Pierangelo Di Vittorio ci addita con disturbante genialità e straordinaria, irriducibile ostinazione intellettuale.
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–estratto da
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