IL GOVERNO MONTI LANCIA IL BUSINESS PENITENZIARIO

La popolazione carceraria in Italia e’ in continuo aumento e le condizioni di detenzione sono sempre piu’ tragiche ed insostenibili.

L’unica proposta paventata dal governo e’ quella di edificare nuovi istituti di pena, soluzione spacciata ipocritamente per umanitaria.

Il Governo Berlusconi, per anni, ha ipotizzato la costruzione di carceri senza concludere nulla, tramite un cosedetto piano carceri.

Ora, con la caduta del piazzista di Arcore e la presa del potere da parte dei tagliatori di teste della finanza internazionale, la situazione dei detenuti rischia di subire una accelerazione tantyo improvvisa quanto tragica.

Il governo Monti ha introdotto la privatizzazione delle carceri, lo ha fatto all’interno del Decreto Legge 24 gennaio 2012 (“Disposizioni urgent per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita’ “).

Infatti l’art. 43 prevede il Project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie. Si tratta di costituire consorzi di imprese a capital misto (pubblico-privato), che garantiscano la costruzione di nuovi carceri e che ne gestiscano i servizi ed il personale, ad esclusione di quello addetto alla custodia. In cambio dell’investimento, gli imprenditori potranno pattuire un canone pro-detenuto sull’affitto delle strutture. Rinchiudere diventa cosi’ un affare, e il detenuto si trasforma in merce.

E’ presto per capire quail sviluppi concreti avra’ l’apertura al private della gestione delle carceri. Si tratta comunque di politiche repressive gia’ ampiamente sperimentate in altri paesi – a partire da quelli anglosassoni – , dove hanno dimostrato i loro pesanti effetti.

La privatizzazione delle carceri, nei paesi in cui e’ stata applicata, ha portato all’aumento del numero dei recluse, allo scopo di garantire i profitti dell’industria carceraria. Gli Stati Uniti, in seguito all’introduzione di queste politiche, sono diventati uno degli Stati con la piu’ alta percentuale di detenuti al mondo (circa lo 0,7% della popolazione, 731 detenuti ogni 100.000).

La gestione lucrative della carcerazione puo’ portare al peggioramento delle condizioni detentive in quanto, in una logica di mercato, i gestori guadagnano risparmiando sui “servizi” erogati o tendon a ribassare i prezzi per risultare piu’ competitive (basti ad esempio il caso del C.I.E. di Bologna di cui il consorzio Oasis ha recentemente vinto la gara d’appalto di gestione, dimezzando il costo di “mantenimento” per detenuto). Inoltre l’industria carceraria e’ strettamente collegata all’introduzione del lavoro obbligatorio per i detenuti, dal quale puo’ trarre ulterior profitti creando forza lavoro sottoposta a condizioni di schiavitu’. Sempre negli Stati Uniti, nelle carceri si concentra la maggior parte della produzione di interi settori military e manifatturieri, a costi di manodopera competitive con quelli dei paesi del Terzo Mondo.

Che, il governo Monti, a pochi mesi dal suo insediamento in una situazione emergenziale, alle prese con un dichiarato rischio di fallimento finanziario dello Stato, si sia assunto l’onere di introdurre la privatizzazione delle carceri, dimostra la funzione strategic di una scelta che ha diverse motivazioni.

Monti e’ alle dipendenze dirette di quell sistema finanziario statunitense che e’ il principale investiture nel business penitenziario e, da buon dipendente, offer le carceri italiane a questo mercato.

Il capitalism utilizza la crisi per realizzare il suo dominio reale, esautorando la politica dal suo ruolo di mediazione. La privatizzazione delle carceri rappresenta una delle forme attraverso le quail il monopolio della violenza – di tradizionale competenza statale – passa sotto il diretto controllo della finanza.

Lo smantellamento dello Stato sociale in atto e’ direttamente proporzionale all’aumento della repression, in una logic ache vede gli investimenti nelle carceri piu’ convenient di quelli in pensioni o salari garantiti e socialmente sostenibili tramite la criminalizzazioni di intere categorie sociali, immigrati in testa.

Se il governo riuscira’ a costruire nuove carceri, visto i tempi che corrono, verranno velocemente riempite. Non solo non miglioreranno le condizioni di detenzione, ma una parte dello scontro di classe in corso verra’ depotenziao e trasferito all’interno delle prigioni.

La soluzione migliore – all’infuori, ovviamente, di una rivoluzione che spazzi via questo sistema marcio e riduca le galere in macerie – sarebbe che le nuove carceri non venissero mai costruite.

Questo garantirebbe la liberta’ a migliaia di proletari – che senza prigioni non si possono rinchiudere – e lascerebbe una spina nel fianco dei padroni, che hanno bisogno delle carceri per affrontare questo period di ristrutturazione e che rischiano di trovarsi, nei prossimi periodi, diversi fronti di lotta aperti a parti della popolazione che dovranno  affrontare la questione della sopravvivenza lottando contro il sistema.

[estratto da “INVECE” mensile anarchic – n. 15, maggio 2012]

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