di Marco Rigamo
Tratto da http://www.globalproject.info/it/in_movimento/la-notte-dei-ganzer-viventi/11798
Mentre in Cassazione si sta studiando come tutelare la carriera di una manciata di condannati per le violenze alla scuola Diaz, tutti promossi ai vertici di Polizia e Servizi, mentre in Tribunale si rifilano serenamente tre anni (su otto chiesti dal pm) a Er Pelliccia per aver lanciato un estintore in Piazza San Giovanni il 15 ottobre scorso senza che nessuno (nemmeno lui) faccia una piega, ecco che il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri (Ros) firma una nuova brillante operazione antiterrorismo, connotata da dieci arresti e 24 ulteriori denunce nell’area anarchica e da una inedita “saldatura transnazionale”.
Chi ha intenzione di interrogarsi sul tema di prova fornito alla magistratura di Perugia si risparmi la fatica: la firma in calce alle richieste di esecuzione delle catture è quella del generale Giampaolo Ganzer, comandante il raggruppamento. Ancora lui. Quello condannato due anni fa dal Tribunale di Milano a “soli” 14 anni di galera, contro i 27 richiesti dall’accusa, per il reato di costituzione di una associazione per delinquere (armata, aggiungerei) finalizzata al traffico di droga e armi, al peculato, al falso e ad altri reati al fine di ottenere successi e avanzamenti in carriera. Inutile farsi domande o spulciare gli articoli dei soliti pistaroli perché la tecnica d’indagine è sempre la stessa dagli anni ’70: costruzione di teoremi.
Aveva il grado di capitano quando nel ’79 era uomo di punta di Dalla Chiesa nel Veneto, suo il dossier utilizzato dal pm Calogero per inquisire e incarcerare una trentina di attivisti dell’area dell’Autonomia Operaia. Quando foraggiava e pilotava i pentiti utili allo smantellamento della colonna veneta delle Brigate Rosse. Dieci anni dopo si distingueva per lo sterminio fisico di una banda di giostrai in Friuli, debitamente infiltrata, e per i rapporti con la banda Maniero che gli costavano l’accusa di false dichiarazioni al pm. Era colonnello quando finiva sotto processo a Brescia per aver organizzato importazioni di armi e droga al fine di inscenare brillanti quanto fasulle operazioni di sequestro, distraendo a favore del raggruppamento ingenti somme di denaro. Era il ’97 quando una raffineria di cocaina scoperta a Rosciano risultò essere uno stabilimento sotto copertura della sua squadra del Ros. Erano i suoi uomini a presentarsi agli interrogatori davanti ai magistrati con microfoni nascosti per farli degenerare in rissa e paralizzare i processi. Era vicecomandante del Ros durante le giornate di Napoli e Genova nel 2001, sue le disposizioni in tema di ordine pubblico, era dalla Beretta di uno dei suoi uomini che veniva esploso il colpo che uccideva Carlo Giuliani, ragazzo di vent’anni, suoi i reparti che contro le disposizioni della Questura attaccavano a freddo il corteo delle Tute Bianche. Era finalmente generale di brigata quando un anno dopo, avvalendosi di uno dei suoi teoremi, la magistratura di Cosenza eseguiva con grande clamore mediatico – e assegnazione al carcere duro del 41 bis – una ventina di ordini di cattura contro una campionatura di attivisti presenti al G8, inchiesta sgonfiatasi e finita nel nulla.
Il suo curriculum ci insegna senza incertezze che l’agire investigativo suo e dei suoi uomini è lo stesso da sempre: illegittimo, connotato dal collazionare a piacere cose, frasi, dialoghi, eventi, luoghi, segmenti telematici, intercettazioni, edificando una coerente cabala induttiva fino a quando questa non rende sostenibile l’ipotesi di accusa di associazione sovversiva. Il tutto con il più alto tasso di spettacolarizzazione possibile. Pochi dubbi che l’inchiesta di questi giorni non segua le stesse linee guida. Ma ciò che rende l’attualità della cronaca giudiziaria molto simile a un film dell’orrore è l’indifferenza mediatica davanti alla peculiarità dell’uomo che se ne assume la paternità. Ganzer è stato processato e condannato a Milano dopo essere riuscito a paralizzare i procedimenti bergamaschi in ragione del coinvolgimento di un suo referente, magistrato presso la procura di Bergamo. Una condanna a 14 anni di reclusione, ancorché non definitiva, stroncherebbe la carriera di qualsiasi cittadino. Se questo cittadino fosse un attivista dei movimenti avrebbe la vita segnata per sempre. Dopo più di due anni nulla è dato sapere in ordine al relativo processo di appello, mentre si sa che la prescrizione ha da sempre un occhio di riguardo per gli imputati eccellenti. Non serve indignarsi ancora una volta per gli intrecci di potere politico, malaffare, magistratura d’arrembaggio, comando sulle dinamiche di conflitto. E’ semplicemente ora di sciogliere il Ros.
http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=493