[…] non so conosci un po’ il sistema penitenziario spagnolo, il regime cui siamo sottoposti io e Claudio. Qui si chiama FIES […].
In realtà è un controllo diretto che prevede moltissime limitazioni, che manca quasi completamente di intimità (visto che prevede ogni tipo di controllo sulle comunicazioni, sia posta che telefono che visite). Soprattutto, poi, le norme penitenziarie sono stabilite a discrezione del vice direttore della sicurezza o dello stesso direttore, cosa che intrinsecamente genera l’uso e l’abuso di potere. Poi c’è una “commissione di trattamento” che esercita un programma di tipo repressivo regolando le sanzioni e punendo. La vita sociale è inesistente e se prima uscivamo tre alla volta in cortile per l’ora d’aria adesso usciamo a turni di due.
Fino all’aprile ’97 non lasciavano tenere nelle celle penne intere per scrivere. Le rompevano a metà, e come questa ci sono altre assurde limitazioni. Alcune di queste limitazioni vergognose siamo riusciti a migliorarle lottando con i mezzi più comuni in questi luoghi: non andando in cortile e rimanendo tutte le 24 ore del giorno in cella — l’ultima volta siamo stati da gennaio ad aprile in questa condizione. Nello stesso tempo abbiamo denunciato la situazione ai vari giudici di sorveglianza, alle riviste e ai giornali. Questo è ciò che si è rivelato essere il regime FIES a sei anni dal suo inizio: una pratica di sterminio, visto che molte persone sono morte impiccate sotto questo regime e che gli ammalati terminali sottoposti a queste norme praticamente muoiono in cella. Per spiegarti meglio si tratta di qualche cosa come l’art. 90 in Italia, le perquisizioni sono quotidiane e non sempre sono fatte con il dovuto rispetto della persona e delle sue cose. Nel mio modulo, dove siamo in sette, ultimamente siamo stati 15 giorni senza andare in cortile visto che un detenuto, a causa delle provocazioni di un carceriere, ha spaccato l’arco metal-detector e qualche vetro; così ci hanno posto varie altre limitazioni repressive e ci siamo opposti. Ora abbiamo ricominciato ad andare in cortile e intanto vedremo se per lo meno hanno l’intenzione di lasciarci in pace e se ricominceremo ad uscire per l’aria in tre alla volta. Sono detenuto da quasi 11 mesi e per lo meno 5 li ho passati rinchiuso 24 ore su 24, così come Claudio e gli altri detenuti. Questo per farti un’idea. Alla fine ti abitui a questo isolamento, in fondo non chiediamo niente a questa gente, solo che si rispetti la nostra dignità e i nostri diritti fondamentali. La situazione va male rispetto alle pubblicazioni, visto che il controllo non si limita alla censura ma mi bloccano la corrispondenza con la scusa della sicurezza e del buon ordine del carcere […].
Nota: a metà novembre, Giovanni e probabilmente gli altri detenuti del modulo hanno ricominciato lo sciopero del patio. Non ne conosciamo le rivendicazioni esatte. Sappiamo però che per circa una settimana hanno attuato anche lo sciopero della fame