Renzo Novatore – Il mio individualismo iconoclasta

Io ho lasciato per sempre la vita delle pianure”

E. Ibsen

 

1. Anche le più pure sorgenti di Vita e di Pensiero che zampillano fresche e ridenti fra le rocce solitarie delle più alte montagne per dissetare gli eletti della Natura, quando sono scoperte dai demagogici pastori dell’ibrido gregge borghese o proletario ben presto si tramutano in fetide pozzanghere laide e melmose. Oggi è la volta dell’Individualismo! Dal volgare crumiro all’idiota e ripugnante poliziotto, dal miserabile venduto alla spregevole spia, dallo schiavo vigliaccamente imbelle all’autoritario ripugnante e tiranno, parlano d’Individualismo. È la moda!

Anche i rachitici intellettualoidi del tubercoloso conservatorismo liberale, come i malati di cronica sifilide democratica, fino agli eunuchi del socialismo ed agli anemici del comunismo, tutti parlano e posano ad Individualisti!

Comprendo che non essendo l’Individualismo una scuola e tanto meno un partito, non può essere “unico” ma è più vero ancora che gli Unici sono individualisti. Ed io come unico balzo sul campo di battaglia, snudo la mia spada e difendo le mie intime idee d’individualista estremo, di Unico indiscutibile, poiché possiamo essere scettici ed indifferenti, ironici e beffardi quanto vogliamo e possiamo, ma quando si è condannati a sentire dei socialisti più o meno teorizzanti ad affermare sfacciatamente ed ignorantemente che non vi è nulla d’incompatibile fra l’idea Individualista e quella collettivista, e che si tenta stupidamente di far passare un titanico cantore dell’eroica potenza dominatrice di fantasmi umani, morali e divini, che freme e palpita, tripudia e si espande, al di là del bene e del male della Chiesa e dello Stato, dei Popoli e della Umanità fra gli strani bagliori d’un nuovo incendio d’amore incompreso come il lirico creatore di Zarathustra, per un povero e volgare profeta del Socialismo che è scuola di vigliaccheria, o un iconoclasta invincibile ed insuperabile come Max Stirner per uno strumento qualsiasi messo lì a disposizione dei frenetici fautori del comunismo, allora si può avere sì un’ironica smorfia sulle labbra ma poi bisogna in-sorgere risolutamente per difendersi e per aggredire, poiché chi si sente davvero Individualista di principio, di mezzo e di fine, non può tollerare di essere minimamente confuso fra le turbe incoscienti d’un morboso gregge belante.

 

2. L’Individualismo com’io lo sento, lo comprendo e lo intendo, non ha per fine né il Socialismo, né il Comunismo, né l’umanità. L’Individualismo ha per fine se stesso. Continuino pure i cervelli atrofizzati dal positivismo spenceriano a credersi Individualisti senza accorgersi che il loro venerato maestro è un anti-individualista per eccellenza poiché egli altro non è che un radicale monista, e come tale, amante sviscerato dell’unità e nemico giurato della particolarità. Egli, come tutti gli scienziati e i filosofi più o meno monisti, nega tutte le distinzioni, le diversità; e per affermare l’illusione sacrifica la realtà. Il suo sforzo è teso a dimostrare realtà l’illusione, ed illusione la realtà. Egli non potendo comprendere il vario, il particolare, sacrifica l’uno o l’altro sull’altare dell’universale. Egli combatte sì lo Stato in nome dell’individuo, ma al pari di tutti i sociologi di questo mondo, egli ritorna a sacrificare sotto la tirannide di un’altra società libera e perfetta, poiché lui combatte, è vero lo Stato, ma lo combatte soltanto perché così com’è non funziona come piace a lui…

Ma non perché egli abbia compreso le unicità anticollettiviste ed antisociali capaci alle attività superiori dello spirito, del sentimento e dell’eroica e spregiudicata potenza. Egli odia lo Stato ma non penetra né comprende l’individuo misterioso, aristocratico, vagabondo, ribelle! E da questo punto di vista non so perché anche quel bolso ciarlatano, quell’antropologo fallito, gonfio e rigonfio di sociologia di Darwin, di Comte, di Spencer e di Marx, che ha seminato porcherie a piene mani su dei colossi dell’Arte e del Pensiero come Nietzsche, Stirner, Ibsen, Wilde, Zola, Huysman, Verlaine, Mallarmé, ecc. e che si chiama Max Nordau; non so spiegarmi, ripeto, come mai anch’egli non sia stato chiamato Individualista… poiché anche Nordau, come lo Spencer, combatte lo Stato…

 

3. Giovanni Papini scrivendo di Spencer dice: “Come scienziato si piegò dinanzi ai fatti, come metafisico dinanzi all’inconoscibile, come moralista dinanzi al fatto immutabile delle leggi naturali. La sua filosofia si materiò di paura, d’ignoranza e di obbedienza: grandi virtù al cospetto di Cristo, ma vizi tremendi per chi vuole la supremazia dell’individuo. Egli fu, né più né meno, un falsario dell’individualismo”. Ed io, pure essendo tutt’altro che un papiniano, in questo caso sono ultra d’accordo con lui !

 

4. E. Zoccoli, che è un profondo conoscitore del pensiero anarchico ed un intellettuale di massima portata, ma che fa professione d’una pietosa morale borghese, nel suo colossale studio “L’Anarchia”, dopo aver inveito – sia pure con serenità ed una qualche ragione – contro i massimi agitatori del pensiero anarchico, da Stirner a Tucker, da Proudhon a Bakunin, si rammarica col Kropotkin perché trova che questo non è stato capace di sviluppare un nuovo anarchismo rigorosamente scientifico e sociologico come si era permesso per richiamare tutti i forsennati delinquenti dell’anarchismo estremo, o dell’Individualismo, alle sane correnti d’un vischioso sistema positivistico e scientificamente materialista ed umanista, semispenceriano, perché è questa famosa scienza che ha finalmente scoperto la nullità dell’individuo “davanti all’immensità senza limiti…”. Ed anche per il Kropotkin positivista, umanista, comunista e scientifico… pare che l’uomo sia “un piccolo essere con ridicole pretese” e così sia! Chi è concentrato nella sociologia non può essere nulla di più che uno scienziato di collettività che dimentica l’individuo per cercare l’Umanità e porta sul Trono Imperiale ai piedi del quale l’Io deve rinnegare se stesso ed inginocchiarsi commosso.

E quando tutti gli anarchici avranno della Vita questo sublime concetto anche E. Zoccoli sarà lieto e contento, poiché dandosi la serafica posa d’un profeta che dice agli uomini: “Io sono venuto ad offrirvi la possibilità d’una nuova Vita!”, egli si rivolge a noi e dice: “Che gli anarchici rientrino nel diritto e il diritto li attende, pronto ad estendere anche ad essi le sue garanzie…” Ma che cosa è il diritto?

Diamo la parola allo Stirner:

“II Diritto è lo spirito della Società. Se la Società ha una volontà è precisamente questa volontà che costituisce il Diritto: la Società non esiste che per il Diritto. Ma siccome essa non esiste che per il fatto di esercitare una sovranità sull’individuo, si può dire che il Diritto è la sua volontà sovrana.

“ Poiché Aristotele disse: “la giustizia è il frutto della Società”. Ma “ogni diritto esistente è diritto straniero, un Diritto che mi si accorda, di cui mi si permette di godere. Avrò il buon diritto della mia parte perché il mondo intiero mi da ragione? Che cosa sono dunque i miei diritti nello Stato o nella Società se non dei diritti esteriori, dei Diritti ch’io ottengo da altri? Se un imbecille mi da ragione tosto il mio diritto mi diventa un sospetto, perché non tengo in considerazione la sua approvazione. Ma se fosse anche un saggio che mi approva io non potrei per ciò dire di aver ragione. Il fatto di aver ragione o torto è assolutamente indipendente dall’approvazione del pazzo o del savio”. Ora aggiungiamo ancora, a questa definizione che il ferigno ed invincibile Ribelle tedesco ci da del Diritto, il celebre aforisma di Protagora “L’uomo misura tutte le cose”, e poi possiamo muovere in guerra contro ogni diritto esteriore ed ogni esteriore giustizia, poiché “la giustizia è il frutto della Società”.

 

5. Lo so! Lo so e lo comprendo: le mie idee – che non sono poi nuove – potranno far sanguinare il cuore troppo sensibile dei moderni umanisti che pullulano in grande abbondanza fra i sovversivi, ed i romantici sognatori di una fulgida umanità redenta e perfetta, danzante in un regno fatato di generale e collettiva felicità musicata dal magico flauto della pace perenne e della fratellanza universale. Ma chi insegue fantasmi si allontana dal vero, e poi si sappia che il primo ad essere arso fra le fiamme del mio corrodente pensiero fu l’intimo essere mio, il vero me stesso! Ora fra il rogo ardente delle mie Idee anch’io son diventato di fiamma; e scotto, brucio, corrodo… A me devono accostarsi soltanto coloro che gioiscono contemplando ardenti vulcani che lanciano verso le stelle le lave sinistre esplodenti dal loro seno di fuoco per poscia lasciarle cadere nel Nulla o fra la Morta Città degli uomini imbelli, dei miei fratelli carogne, per farli fuggire con fuga frenetica fuori dei loro muffiti tuguri tappezzati di rancidi e vecchi ideali. Io mi dichiaro in guerra aperta, palese e nascosta, contro la Società: contro ogni Società! Io penso, io so, che fin che ci saranno degli uomini ci sarà una società, poiché questa putrida civiltà con le sue industrie ed il suo progresso meccanico ci ha ormai portati ad un punto dove non è neppure più possibile tornare indietro fino all’invidiabile età delle caverne e delle spose divine che allevavano e difendevano i nati dal loro libero ed istintivo amore come bionde e feline Leonesse abitanti maestose foreste profumate, verdi e selvagge; ma pure so e penso con altrettanta certezza che ogni forma di società – ed appunto perché società – vorrà, per il suo bene, l’individuo umiliato. Anche il comunismo che – a quanto ci raccontano i suoi teorizzatori – è la forma di Società più umanamente perfetta, non potrà riconoscere in me che uno dei suoi membri più o meno attivo, più o meno stimato… Io per il comunismo potrà valere per quanto sarò di me stesso, di intimamente mio, di Unico e perciò incomprensibile alla collettività. Ma ciò che è in me di più incomprensibile, di più misterioso ed enigmatico per la collettività è appunto il mio tesoro più prezioso, il mio bene più caro poiché è la mia intimità più profonda la quale io solo posso giustificare ed amare poiché solo io la comprendo.

Basterebbe ad esempio ch’io dicessi al comunismo: “l’eletto esiste per non far nulla” come dice Oscar Wilde, per vedermi scacciare come un lebbroso siberiano dalla cena sacra dei nuovi Dei! Eppure uno che avesse l’imperioso bisogno di vivere la propria vita nell’atmosfera altamente e sublimemente intellettuale e spirituale del Pensiero e della contemplazione, non potrebbe dar nulla di materialmente e moralmente utile e buono alla comunità, perché ciò che potrebbe dare sarebbe incomprensibile, e per ciò nocivo ed inaccettabile, poiché egli non potrebbe dare che una strana dottrina propugnante la gioia di vivere nell’ozio contemplativo. Ma in una società comunista – come e peggio in qualsiasi altra forma di società – una tale dottrina potrebbe far opera di corruzione fra la falange di coloro che devono produrre per il mantenimento e l’equilibrio collettivo e sociale. No! Ogni forma di società è il prodotto delle maggioranze. Per i grandi Geni o per i grandi delinquenti non vi è posto fra la mediocrità trionfante che domina e comanda.

 

6. Qualcuno mi obietterà che in quest’Alba vermiglia, in questa grandiosa vigilia d’armi e di guerra ove già risuonano frago-rosamente le note vibranti e fatidiche del gran crepuscolo dei vecchi Dei, mentre all’orizzonte già sorgono i raggi biondi e dorati d’un ridente avvenire, non è Bene partorire alla luce del sole certi intimi e delittuosi pensieri… È una vecchia quanto stupida storia! Ho ventinove anni, sono quindici anni che milito nel campo libertario e vivo anarchicamente, e mi si è sempre detto le stesse, le stessissime cose:

“Per amore della concordia… “.

“Per amore della propaganda… “.

“Per la prossima Rivoluzione Sociale e redentrice…”.

Per… ma a che prò continuare!

Basta! Non posso più tacere!

“Se io tenessi rinchiuso nel mio cassetto un manoscritto ancora inedito, il manoscritto d’un opera bellissima che a leggersi desse brividi di voluttà sconosciute e scoprisse mondi ignorati; se io fossi certo che gli uomini su queste pagine impallidissero di spavento, e poi errassero lentamente per le vie deserte cogli occhi ferocemente dilatati nel vuoto e poi cercassero cinicamente la morte quando la pazzia non corresse loro incontro colle sue risate sinistre come lo scrosciare dei venti, e il suo lugubre stamburare di dita invisibili sui loro cervelli devastati; se io fossi certo che le donne sorridessero oscenamente e colle sottane rialzate si sdraiassero sull’orlo dei marciapiedi in attesa d’un maschio qualsiasi, e i maschi si gettassero di schianto su loro per straziarne coi denti la vulva e la gola; se le folle ubriache e affamate rincorressero a colpi di coltello pochi uomini fuggenti e tra essere ed essere ci fosse un morto a perpetuarne l’odio profondo; se dalla terra dovesse sparire per sempre la pace d’un ora, la calma dello spirito, l’amore, la lealtà, l’amicizia, e al loro posto dovessero per sempre regnare la turbolenza, l’irrequietezza, l’odio, la menzogna, l’inimicizia, la pazzia, la tenebra, la morte; se tutto questo dovesse farlo un libro bellissimo scritto da me ancora inedito e rinchiuso nel mio cassetto io lo pubblicherei quel libro e non avrei pace finché non fosse pubblicato”.

Così Persio Falchi scriveva sulla “Forca” parecchi anni orsono per esprimere il suo concetto sulla Libertà dell’Arte, così io oggi ripeto sull’Iconoclasta! per esprimere il mio concetto sulla Libertà del Pensiero.

È un mio assoluto ed imperioso bisogno quello di lanciare fra la tenebra la luce turbinosa e sinistra dei miei pensieri e il sogghigno incredulo e beffardo delle mie idee sanguinanti che, orgogliose e superbe di mostrare le loro rigogliose e spregiudicate nudità, se ne vogliono andare libere per il mondo alla ricerca di virili amplessi. Nessuno può essere più rivoluzionario di quello ch’io sono, ma è appunto per questo che voglio lanciare il corrodente mercurio dei miei pensieri fra la senile impotenza degli eunuchi dell’Umano Pensiero. Non si può essere rivoluzionari a metà, né pensare a metà. Bisogna essere come Ibsen, rivoluzionari nel senso più completo e radicale della parola. E tale sento di essere io!

 

7. La Storia, il Materialismo, il Monismo, il Positivismo e tutti quanti gli “ismi” di questo mondo sono ferri vecchi e rugginosi che non mi servono più e più non mi riguardano. Ho per principio la Vita, per fine la Morte. Voglio vivere intensamente la mia Vita per abbracciare tragicamente la mia Morte.

Voi aspettate la Rivoluzione! E sia! La mia è da molto tempo incominciata! Quando sarete pronti – Dio che lunghissima attesa! – non proverò disgusto a percorrere un tratto di cammino insieme con voi!

Ma quando vi fermerete io continuerò la mia marcia folle e trionfale verso la grande e sublime conquista del Nulla!

Ogni Società che voi costruirete avrà i suoi margini e sui margini di ogni Società si aggireranno i vagabondi eroici e scapigliati, dai pensieri vergini e selvaggi che solo sanno vivere preparando sempre nuove e formidabili esplosioni ribelli!

Io sarò fra quelli!

E dopo di me, come prima di me, ci saranno sempre di quelli che diranno agli uomini:

“Rivolgetevi dunque a voi stessi, piuttosto che ai vostri dei o ai vostri idoli: scoprite in voi ciò che è di nascosto: traetelo alla luce: rivelatevi!”.

Poiché ogni uomo che frugando la sua intimità estrae ciò che vi è di misteriosamente nascosto è un’ombra che oscura ogni forma di Società vivente sotto i raggi del Sole! Ogni Società trema quando l’aristocrazia sprezzante dei Vagabondi, degli Unici, degli Inaccessibili, dei dominatori dell’ideale, e dei Conquistatori del Nulla, spregiudicatamente si avanza. Orsù, dunque, o Iconoclasti, avanti!

“Già il ciclo gravido di presentimenti si oscura e tace!”

Arcola, Gennaio 1920

 

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