Guido Mantelli – Non certo a cuor leggero (novembre 2011)

tratto da informa-azione.info

Guido, dopo diversi mesi di irreperibilità, si è presentato al processo che si è svolto a Cuneo sabato 26 novembre per gli scontri scoppiati a febbraio durante la contestazione dell’apertura di una sede di Casapound.
Attualmente dovrebbe essere recluso nel carcere di Cuneo, ma non si escludono trasferimenti nei prossimi giorni che provvederemo a comunicare.

Segue un comunicato del caro compagno:

E così un’altra stagione volge al termine, ed è ora di rientrare, come quando a malincuore si lasciano gli alpeggi estivi. Certo, non è a cuor leggero che di mia volontà porgo i polsi alle manette, ma è una scelta di cui, fin dall’inizio di questa mia ennesima latitanza, ho valutato sarebbe arrivata l’ora, perché i reati in ballo, ed i progetti che mi aspettano una volta sbrigata questa faccenda, non avrebbero motivato una prolungata vita alla macchia.
Nel frattempo, ho approfittato di questi mesi per occuparmi di alcune faccende che mi stavano a cuore, ho attraversato splendide valli e montagne, incontrato persone che meritano e cuori generosi, e soprattutto mi sono scaldato al fuoco di una solidarietà che mai ho sentito mancarmi. Mi sono persino dato il tempo per necessarie e proficue riflessioni che impegni e abitudini non mi avrebbero altrimenti permesso. A dirla tutta, ho avuto pure il tempo per “trovarla lunga”, forse più che in altre occasioni.
Ora che si apre il processo per cui questa latitanza è iniziata, sento l’opportunità di lasciarvi il mio punto di vista in merito alla caratteristica più evidente che contraddistingue questa vicenda giudiziaria, ovvero quella di essere un atto di accusa nei confronti dell’antifascismo.
Per quanto mi riguarda, senza esagerare visti i trascorsi della mia famiglia, potrei dire che l’antifascismo sia una tensione congenita, e che accompagna per forza le lotte per un mondo libero da prevaricazioni ed autoritarismi. L’antifascismo che da sempre conosco e pratico è quello che non si è perso nell’inutilità delle pacificazioni senza cambiamenti e neppure nell’ipocrisia dei richiami ad una ingiustificata tolleranza verso coloro che, in un modo o nell’altro, vogliono imporre scelte liberticide ed autoritarie alla società.
Ma neppure faccio del’antifascismo il campo esclusivo per criticare e combattere quest’esistente basato sulla discriminazione e lo sfruttamento. Per questo vorrei proporvi un breve estratto da una lettura che mi è capitato di fare in questi mesi e che mi trovo a condividere pienamente.
“… Il fascismo ha vita breve storicamente parlando, perché è la forma di governo che la borghesia sceglie quando la forma principe del suo dominio, la democrazia, non è in grado di assolvere la propria funzione: garantire l’accumulazione del capitale e il potere sulle classi produttrici. Assolto il compito di cane da guardia, il fascismo viene riposto e la bastarda democrazia torna di moda. I fascisti possono illudersi di rappresentare una trasformazione epocale, ma sono solo merda di transizione, scherani, sbirri organizzati. La democrazia, con il suo carico di etica da giornaletto di gossip, con i suoi meccanismi di costruzione del consenso mediante l’allettamento del piccolo-borghese e la redistribuzione delle briciole, si attaglia meglio al dominio del Capitale…
…Hannah Arendt ha definitivamente ragione: il “male” è banale”. Non si è mai data esperienza fascista che non si sia nutrita dell’oppressione delle classi subalterne e del consenso del piccolo trafficante, del piccolo proprietario, di quella schiera di animali che baratta la libertà per ordine e disciplina, di modo che i proletari, o gli immigrati, in altre parole i brutti, sporchi e cattivi non abbiano a disturbarlo. Il fascismo è sempre contraddistinto da uomini “piccoli”. Che si pascono sì di mistica nazionale e patriottarda, ma che assolvono i loro miserabili compiti con la dedizione sottomessa del travet. Piccoli impiegati del terrore, impegnati a tenere la contabilità dei nemici da eliminare.
Ma le deportazioni forzate che il Capitale impone ai reietti della terra, prima affamandoli e poi concentrandoli nel tessuto urbano dove può sfruttarli meglio o trasformarli in mendicanti, puttane o nell’esercito delle banlieus, sono ineguagliabili. Non parliamo [poi] della capacità di costruire lager grandi come continenti, di avvelenare terre e fiumi…”*.

Il processo che ci aspetta è in tal senso esemplare: non sono i “bravi ragazzi” di Casa Pound che ci ritroviamo a fronteggiare, ma la Questura di Cuneo che per l’ennesima volta cerca di toglierci dai piedi, e giudici compiacenti che, nell’imbastire un processo per scontri di piazza (situazione che necessariamente prevede due parti contrapposte), decidono deliberatamente di assecondare la criminalizzazione degli antifascisti e lasciare via libera agli scagnozzi in camicia nera. Forse “Cuneo medaglia d’oro della Resistenza” non ci avrà fatto caso, ma è un processo davvero imbarazzante per la Storia quello che si celebra davanti al balcone di Galimberti.
Senza dimenticarmi che, fino a quando non avremo spazzato via le scorie del fascismo, una minaccia in più graverà sulle strade per una libera autodeterminazione individuale e collettiva. Vado a vedere dunque che faccia abbiano le autorità a cui è stato chiesto di condannare l’antifascismo in queste terre di partigiani… ma non aspetto che l’ora di ritrovarmi al vostro fianco per continuare i sentieri che più possono nuocere ad un sistema sociale così disastroso e nocivo.
Un abbraccio a tutti gli imputati del processo
e a coloro che non hanno fatto, né faranno mancare la loro solidarietà!

Guido
*. Estratto dall’appendice “Appunti sulla storia del FPMR“, in Ricardo Palma Salamanca, “Il grande riscatto“, Edizioni Colibrì, Milano 2010 (pagg. 267-268).

 

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